di Emanuela Novelli
Cina – L’etnia e la religione sono ancora oggetto di razzismo?
Già dal 2017 in Cina si sono sviluppati “campi di detenzione” nella regione dello Xinjiang, dove gli Uiguri, (ovvero un’etnia di religione islamica, che vive nel nord-ovest della Cina insieme ai cinesi Han) vengono costretti ad imparare il mandarino, a rinunciare a presunti pensieri “estremisti”, e a sottoporsi a un indottrinamento quotidiano sul partito comunista cinese; vengono obbligati a convertirsi, a bere alcolici e a mangiare carne di maiale (cose vietate dalla religione islamica), e se non rispettano queste regole, vengono torturati e poi uccisi.
A partire dal 2018 le polemiche sulla detenzione degli Uiguri in questi campi si sono intensificate, e il mondo ha iniziato a conoscere una realtà che era stata occultata.
Questi campi nascono ufficialmente come “centri di istruzione e di formazione professionale”, e la Cina parla di misure di rieducazione per prevenire la radicalizzazione e il terrorismo, che rappresenterebbero un grande problema nello Xinjiang.
Questi lager sono destinati ai musulmani ribelli o pericolosi, arrestati e rinchiusi senza regolare processo; anche accedere ad un sito web straniero, ricevere chiamate da parenti all’estero, e addirittura pregare regolarmente e farsi crescere la barba potrebbe farti rinchiudere nei Lager.
Ma cosa succede se si riesce a sopravvivere?
Se cedi alla conversione e a tutto il resto, puoi guadagnare dei “crediti” per il processo di trasformazione ideologica e il rispetto della disciplina, ma NON sei autorizzato ad andartene, bensì verrai trasferito in un altro livello dei campi dove “dovrai essere formato in ambito lavorativo”; potrai sentire i tuoi parenti una volta a settimana per chiamata, e una volta al mese per videochiamata, giusto per assicurargli che sei ancora in vita.
Ex detenuti testimoniano violenze, dove gli uomini subiscono torture e abusi sessuali, e le donne vengono violentate e costrette ad abortire.
Una delle cose che mi ha colpito particolarmente sono le parole pronunciate dal presidente Xi Jinping per il New York Times in merito agli Uiguri: “Nessuna pietà.”
Anche il Parlamento europeo, proprio pochi giorni fa, ha chiesto al governo cinese di porre immediatamente fine alla pratica dell’internamento di membri delle minoranze Uigura e Kazaka in assenza di capi di accusa e liberare immediatamente le persone detenute, compreso il vincitore del premio Sacharov di quest’anno, Ilham Tothi.
Ed ecco la realtà della Cina, quella di cui molti non conoscevano l’esistenza.
In un’era così avanzata tecnologicamente siamo ancora obbligati a vivere in un mondo dove le minoranze e la diversità sono prese di mira da qualcuno che probabilmente pensa che essere diversi sia un reato invece che un pregio.
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