LA GRANDEZZA DI SCIASCIA

 

 

di Angelo Ivan Leone

Leonardo Sciascia è stato un grandissimo scrittore, un efficace saggista, un intellettuale di quasi inarrivabile onestà, oltre ad essere un uomo libero che ha vissuto la sua intera esistenza in un paese della Sicilia occidentale cercando di capire la realtà che lo circondava.

Sciascia per le sue scelte morali e politiche, oltre che per l’impegno letterario, ha assunto il ruolo di coscienza critica della società italiana, divenendo com’è ovvio che divenisse un personaggio scandaloso, l’eretico messo al bando da tutte le chiese partitiche.

Nato, nel 1921, a Racalmuto in provincia di Agrigento, da una famiglia modesta, Sciascia conseguì il diploma magistrale a Caltanissetta, avendo per professore Vitaliano Brancati. Iniziò ad insegnare nelle scuole elementari, nel 1949, l’anno dopo pubblicò la sua prima opera “le favole della dittatura”. Da allora inizia la sua ricca produzione letteraria, alla quale si dedicò con passione fino agli ultimi momenti della sua vita. Le sue opere seguono essenzialmente tre tipologie letterarie:

. La prima è quella narrativa, in cui lo scrittore mette a fuoco, con lucida analisi condita da un amaro sarcasmo, problemi della società contemporanea, in particolare quello della mafia, capolavori di questo genere sono: Il giorno della civetta, Il contesto, A ciascuno il suo e le raccolte di racconti Gli zii di Sicilia e Il mare colore del vino.

. La seconda tipologia letteraria seguita da Sciascia è quella del romanzo-saggio, che ricostruisce problemi legati all’attualità o alla storia, esempio del genere è: l’affaire Moro.

.L’ultimo filone letterario è il saggio caratterizzato dalla riflessione morale come in Nero su nero e Cruciverba.

 

Lo scrittore siciliano oltre alla sua meravigliosa ed enorme produzione letteraria, si impegnò nella vita politica del Paese.

 

Sciascia e la vita politica. Nei primi anni militò nel PCI, molto probabilmente perché vide nel comunismo una tabula rasa in grado di guarire la Sicilia dai suoi secolari mali, mafia in primis, tuttavia si accorse presto dell’inganno e usci dal partito criticandone soprattutto la politica del compromesso storico. Dopo la sua uscita dalle file del PCI fu eletto deputato nelle liste del Partito Radicale, ma dovette presto convincersi che fra lui e i partiti, tutti i partiti, c’era assoluta incompatibilità.

Da allora fu un uomo solo senz’altro punto di riferimento che la propria coscienza.

Sciascia a differenza degli intellettuali del dopoguerra, suoi contemporanei, non ebbe rapporti organici con i Partiti, con il moderno Principe, come certamente lo avrebbe definito Nicolò Macchiavelli, e riuscì ad avere una propria forma individuale di appoggio e di dissenso.

Sciascia, la sua forza nelle denuncia della corruzione e dei complotti di potere. La sua forza sta nella lucida denuncia della corruzione e dei complotti del potere, che a volte è arrivata quasi a precorrere la realtà.

Leggendo Il contesto, scritto nel 1971, appaiono evidenti e strabilianti analogie con l’inchiesta Mani pulite.

Fa onore al meridione la capacità di generare simili uomini.

Leonardo Sciascia sarà sempre un esempio a cui rapportarci e speriamo che la sua vita sia insieme da monito e da sprone a chi, pur vivendo qui, preferisce non interessarsi a certi problemi, quali la mafia, perché trova più comodo farsi gli “affari propri”, facendosi cosi complici, di una situazione, di un sistema che tutti abbiamo sotto gli occhi e che i personaggi di Sciascia avrebbero chiamato certamente: “un capolavoro”.

 

 

 

 

 

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