Censis, rapporto “Sanità pubblica e privata”. Cosa lascia il dicastero della salute guidato dalla Lorenzin? Curarsi è un lusso!

 

di Cinzia Marchegiani

Terminata quasi definitivamente questa legislatura si raccolgono i frutti del lavoro prodotto dal cambio al vertice del ministero della salute, l’ex ministro Renato Balduzzi consegnava il testimone a Beatrice Lorenzin quando il Governo Letta nell’aprile del 2013 le conferiva l’incarico,  poi confermato prima dall’ex premier Matteo Renzi e per ultimo Paolo Gentiloni.

Cosa lascia il dicastero della salute guidato dalla Lorenzin? Volente o dolente saranno i dati ora a scattare una fotografia riguardo un dicastero guidato per più di quattro anni che ha cambiato indiscutibilmente il volto della sanità pubblica italiana.

Oggi, 31 luglio 2107 è stato pubblicato il VII Rapporto Rbm-Censis sulla sanità pubblica, privata e intermediata, presentato in occasione del Welfare Day 2017 con il patrocinio del Ministero della Salute: “Sale a 37,3 miliardi di euro la spesa privata per la sanità. Nell’ultimo anno 12,2 milioni di italiani hanno rinunciato o rinviato prestazioni sanitarie (1,2 milioni in più rispetto all’anno precedente). E le liste d’attesa sono sempre più lunghe”

Dal Rapporto emerge che la spesa sanitaria privata degli italiani continua a crescere. Nel 2016 è arrivata a 37,3 miliardi di euro ed è sostenuta in grandissima parte direttamente dalle famiglie.

L’Italia continua ad avere una spesa sanitaria pubblica in rapporto al Pil inferiore a quella di altri grandi Paesi europei. Nel nostro Paese è pari al 6,8% del Pil, in Francia all’8,6%, in Germania al 9%. In questi anni il recupero di sostenibilità dei servizi sanitari regionali non è stato indolore.

È salito a 12,2 milioni il numero di persone che nell’ultimo anno hanno rinunciato o rinviato almeno una prestazione sanitaria per ragioni economiche (1,2 milioni in più rispetto all’anno precedente). Il miracolo del recupero di sostenibilità finanziaria del servizio sanitario di tante Regioni ha impattato sulla copertura per i cittadini. Il più alto ricorso alla sanità pagata di tasca propria ha come contraltare il fatto che chi non ce la fa economicamente è costretto alla rinuncia o al rinvio di prestazioni.

Le difficoltà di accesso al sistema pubblico sono aumentate. Le liste d’attesa sono sempre più lunghe. I dati indicano che per una mammografia si attendono in media 122 giorni (60 in più rispetto al 2014) e nel Mezzogiorno l’attesa arriva in media a 142 giorni. Per una colonscopia l’attesa media è di 93 giorni (6 giorni in più rispetto al 2014), ma al Centro di giorni ce ne vogliono mediamente 109. Per una risonanza magnetica si attendono in media 80 giorni (6 giorni in più rispetto al 2014), ma al Sud sono necessari 111 giorni. Per una visita cardiologica l’attesa media è di 67 giorni (8 giorni in più rispetto al 2014), ma l’attesa sale a 79 giorni al Centro. Per una visita ginecologica si attendono in media 47 giorni (8 giorni in più rispetto al 2014), ma ne servono 72 al Centro. Per una visita ortopedica 66 giorni (18 giorni in più rispetto al 2014), con un picco di 77 giorni al Sud.

Il Censis spiega che in questo contesto cresce l’attenzione verso la sanità integrativa, che potrebbe mettere in moto risorse pari a 15 miliardi di euro l’anno, come confermato anche dalle proiezioni di Rbm.

La prevenzione è diventata un lusso…per chi può permetterselo. La Lorenzin ha cambiato il volto della sanità pubblica italiana, ma il suo operato non è stato messo in discussione, infatti il suo incarico a differenza di molti altri ministri è stato sempre confermato nonostante siano stati nominati ben altri due Presidenti del Consiglio.

 

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