Fase 2, FIPE:”Se volete un distanziamento di 4 metri lasciateci chiusi. Vivremo sulle spalle dello Stato”






 

FIPE fase 2

Crisi nera di un settore (ristorazione, bar etc) ormai agonizzante con aiuti economici tardivi e la malagestione di una emergenza sembra ormai una dichiarazione di guerra ad una delle colonne portanti del tessuto economico di questo paese. Non solo i proclami sugli aiuti economici poi cozzano con la realtà, ma anche le linee guida suggerite da una task force che non si confronterebbe con gli imprenditori del settore rischiano di far chiudere definitivamente attività come quella della ristorazione e accoglienza dei clienti.

FIPE, FEDERAZIONE ITALIANA DEI PUBBLICI ESERCIZI CONTRO LE SCELTE DEL GOVERNO PER L’APERTURA DELLE ATTIVITA’: 4 METRI DI DISTANZIAMENTO”




“I casi sono due: o si riaprono i locali, dando ai ristoratori la possibilità di lavorare in sicurezza, con protocolli organizzativamente praticabili ed economicamente sostenibili, seppur con capienze ridotte, oppure è preferibile tenere tutto chiuso. A quel punto lo Stato dovrà in qualche modo aiutare 1,25 milioni di persone che dovranno vivere sulle sue spalle, almeno fino quando il Coronavirus sarà stato vinto”.

Così Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe – Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, commenta le indiscrezioni uscite sulla stampa circa le misure di distanziamento tra i tavoli che il Governo sarebbe pronto a prendere prima di autorizzare la riapertura dei Pubblici Esercizi.

Noi ristoratori crediamo che si possa riaprire garantendo la sicurezza sanitaria dei nostri avventori e quella economica degli imprenditori senza le esagerazioni che circolano. Per questo abbiamo promosso un protocollo sanitario per il settore, redatto con il contributo di un virologo, e lo abbiamo trasmesso al governo. A distanza di 10 giorni non abbiamo ancora ricevuto nessun riscontro, anche se sollecitato. È inaccettabile questo modo di operare, sbagliato nel metodo, perché vengono imposte regole calate dall’alto, senza un costruttivo confronto con la categoria. E sbagliato nel merito, perché impone procedure lontane dalle realtà del settore che dovrebbe applicarle”.

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