Giornalisti e libertà. Denunce temerarie e censura dei social. OSSIGENO: “Segnali di allarme”

 

di Cinzia Marchegiani

Fare giornalismo in Italia, soprattutto fare articoli di cronaca e politica nel territorio è diventato difficile, quasi impossibile. Ma anche trovare spazio dove pubblicare. Mancano fondi (il precariato in questo settore è disarmante), mancano le coperture che solo i grandi giornali hanno, o firme blasonate. Ma soprattutto esistono le querele temerarie avviate spesso da politici/imprenditori/aziende…etc pur sapendo che tutto potrebbe essere archiviato. Quasi nessuno, senza le spalle coperte, si potrebbe permettere un iter processuale così travolgente per se stesso e la sua famiglia.

Le querele temerarie sono sempre dietro l’angolo e le denunce per diffamazione da parte di chi viene indicato in un articolo senza richiedere il diritto di replica diventano spesso un espediente per mettere a tacere la libertà di informazione e soprattutto un metodo per intimidire lo stesso giornalista. Si tratta di denunce penali che ingoiano in spirali assurde e lunghissime i giornalisti e anche blogger.

PIATTAFORME SOCIAL CENSURANO SENZA UN VERO PROCESSO. Non solo. Orami le piattaforme digitali (facebook, Twitter ma anche google) hanno l’ardire di censurare anche giornalisti per aver espresso una loro riflessione o pubblicato un fatto di cronaca. Spariscono articoli. Giudici e censori senza un tribunale nell’era moderna. La deriva dell’informazione in un click! Alcuni sono più giornalisti di altri.

Lo stato dell’arte del giornalismo italiano anche quest’anno viene fotografato da “Ossigeno per l’informazione“.

OSSIGENO è l’acronimo: OSservatorio Su Informazioni Giornalistiche E Notizie Oscurate istituito nel 2008 con il patrocinio della FNSI (Federazione Nazionale Stampa Italiana) e dell’Ordine nazionale dei Giornalisti

REPORT OSSIGENO. DATI SIGNIFICATIVI (E ALCUNI INEDITI) PREOCCUPANTI LANCIANO UN VERO SEGNALE DI ALLARME

OSSIGENO PER L’INFORMAZIONE, l’Osservatorio sull’informazione proprio lo scorso 27 dicembre rende noto il resoconto dell’ultimo anno che scopre sempre gli stessi problemi che coinvolgono i giornalisti impegnati (e non impiegati come spiegava Giancarlo Siani) e qualcosa di ancora più grave e lancia un vero grido di allarme per ciò che il report ha mostrato:


A cura di Grazia Pia Attolini e Giacomo Bertoni

In nove mesi 564 rispetto ai 288 dello stesso periodo del 2021 – Cresciuta la quota di querele pretestuose rispetto agli atti di violenza – I dati di Ossigeno e quelli del Centro di documentazione del Viminale 

OSSIGENO 27 dicembre 2022 – Nel 2022 in Italia i giornalisti minacciati sono stati il doppio dell’anno precedente. Inoltre sono diminuite le denunce dei minacciati alle forze dell’ordine ed è cresciuta la quota di querele e cause per diffamazione a mezzo stampa temerarie e strumentali. Lo rende noto Ossigeno per l’Informazione, presentando gli ultimi dati del suo osservatorio sulle minacce ai giornalisti e sulle notizie oscurate con la violenza.

  • Nei primi nove mesi del 2022 sono stati minacciati 564 giornalisti, il 100 per cento più dei 288 dello stesso periodo del 2021vedi

E’ aumentata in particolare la parte di intimidazioni e minacce realizzata attraverso querele e cause per diffamazione a mezzo stampa pretestuose o infondate, frutto di una legislazione anacronistica e ingiusta, che mostrano il lato italiano di quell’ “uso scorretto del sistema giudiziario” denunciato dell’UNESCO in uno studio appena pubblicato. (leggi L’ ‘uso scorretto’ del sistema giudiziario che limita la libertà di espressione)

Queste intimidazioni e minacce sono aumentate in proporzione alle altre, cioè a quelle che si sono manifestate con aggressioni, avvertimenti, e altri metodi violenti. Quest’ultimo aspetto rende il quadro italiano ancor più preoccupante.

Questo andamento trova conferma nei dati pubblicati dal Centro di Osservazione del Ministero dell’Interno. Questo Centro tiene sotto osservazione proprio  la parte violenta delle intimidazioni, quella di cui vengono a conoscenza le forze dell’ordine. Quest’anno il Centro  ha registrato meno episodi dell’anno precedente (leggi Cosa dicono i dati del Ministero e quelli di Ossigeno).

Questi dati del Viminale non dicono che ci sono state meno minacce ai giornalisti. Dicono letteralmente che quest’anno meno giornalisti hanno denunciato le minacce a loro danno.

Ciò significa che i giornalisti italiani denunciano le minacce meno spesso di prima. Perché? Hanno meno fiducia negli interventi delle autorità, o sono più rassegnati o semplicemente hanno più paura di prima e perciò subiscono più spesso senza reagire? Questo aspetto sarà oggetto di approfondimento.

Certamente però si può dire che la diminuzione delle minacce registrate dal Viminale non è una buona notizia, non è un segnale rassicurante. E’ anzi un ulteriore segnale di allarme.

Ossigeno si augura che l’allarme venga raccolto, che ciò spinga a capire meglio l’andamento del fenomeno e a intensificare le attività per sensibilizzare il mondo del giornalismo, le forze politiche, il Parlamento, il Governo ad adottare opportune contromisure, ognuno per la propria parte. Il menù delle cose da fare e non fatte è lungo e ben noto ed è da anni invariato. E’ triste chiudere il 2022 osservando che anche quest’anno è trascorso senza che si sia fatto alcun passo avanti.
Le intimidazioni e le minacce ai giornalisti sono innegabilmente una malattia che indebolisce la libertà di informazione e danneggia la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica. Le malattie trascurate, non curate possono degenare e produrre danni peggiori all’organismo. Ed è forse ciò che sta accadendo.


GIORNALISTI MINACCIATI CHE DIVENTANO UN SIMBOLO. SI DIVENTA EROI E SPESSO E’ INCONCILIABILE CON IL DIRITTO AD INFORMARE ED ESSERE INFORMATI

E voglio ricordare le parole che il giornalista Paolo Borrometi ha pronunciato in un corso di formazione deontologica a disposizione ancora sulla piattaforma dei giornalisti (non ha bisogno di ulteriori commenti) che riguarda la vita di un giornalista che entra nel vortice di denunce e intimidazioni:

“L’isolamento è il tratto più drammatico di questa vicenda”.

Il giornalista non deve esser un eroe” come ricorda lo stesso Paolo Borrometi, giornalista in una terra difficile, la Sicilia. Giornalista che ricordo ha fatto il proprio dovere e poi diventato vittima di minacce di morte per aver dato voce e fatto luce su organizzazioni non cristalline infiltrate in consorzi manifatturieri che toglievano serenità e legalità a molti lavoratori che non volevano condividere nulla con alcune realtà territoriali. Borrometi è stato messo sotto scorta mentre due sentenze hanno riconosciuto allo stesso giornalista di essere una vittima di minacce con l’uso del metodo mafioso. Una ulteriore inchiesta aveva provato l’esistenza di un progetto per attentare alla sua vita.

Si diventa spesso eroi, e ciò è davvero inconciliabile con il diritto ad informare ed essere informati. La politica più volte è stata informata di questa deriva, e l’Ordine dei giornalisti ha chiesto un intervento legislativo.

GIORNALISTI. IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELL’ORDINE DEI GIORNALISTI, CARLO BARTOLI CHIEDE AL PREMIER MELONI DI SCIOGLIERE I NODI INDIFFERIBILI ALLA CONFERENZA STAMPA DI FINE ANNO

Il presidente Carlo Bartoli con il Premier Meloni alla conferenza stampa di fine anno

 

Anche al nuovo governo Meloni il presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Carlo Bartoli ha fatto presente lo stato dell’arte del giornalismo italiano. Bartoli nell’intervento con cui ha aperto i lavori della conferenza stampa di fine anno del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha ribadito i punti importanti da affrontare:

 “Chiediamo al Parlamento e al governo di affrontare alcuni nodi ormai indifferibili per assicurare la libertà di informazione”

Fra i nodi da sciogliere, Carlo Bartoli ha indicato le minacce e le aggressioni ai giornalisti (il numero più alto nell’Unione Europea), le  querele bavaglio, il precariato della professione, la gestione dei procedimenti disciplinari, il predominio delle piattaforme social (che decidono chi può avere diritto di parola e chi no, NDR), il superamento di norme obsolete e inadeguate.

Bartoli:

“Viviamo in un gigantesco mercato mondiale dei dati personali gestito dalle grandi piattaforme il cui fatturato è spesso superiore a quello di Stati indipendenti. Piattaforme che decidono chi può parlare e chi no. Chi è giornalista e chi no. Al di sopra degli stati e delle leggi. Sono fenomeni che pongono un problema di identità e di sovranità per l’Unione Europea e per l’Italia.

In questo quadro, l’informazione professionale assume una nuova centralità, il giornalismo è e resta una bussola in un territorio dove – solo in apparenza – tutti possono parlare ad una infinità di persone. Per questo il giornalista deve avere ancora più attenzione ai propri doveri: verifica rigorosa delle fonti, continenza nel linguaggio, accuratezza della narrazione, rispetto – sempre e comunque – per le persone. Ma ci sono criticità che non possiamo tacere.

L’Italia è il paese europeo con il maggior numero di giornalisti sotto scorta per la loro attività (22), che ha avuto il maggior numero di giornalisti uccisi per il loro lavoro (30 in sessanta anni). Abbiamo il numero più alto di minacce e aggressioni contro gli operatori dell’informazione. Colgo l’occasione per ringraziare tutte le forze di polizia per il lavoro che svolgono a tutela delle colleghe dei colleghi.

Le querele bavaglio sono considerate dall’Unione Europea il principale ostacolo alla libertà di espressione. In Italia c’è un numero elevato di azioni giudiziarie di stampo intimidatorio contro i giornalisti. L’80 per cento di esse vengono archiviate o finiscono con delle assoluzioni. Da troppi anni si discute inutilmente di una legge che scoraggi le querele bavaglio. È ora di approvarla.”

Giorgia Meloni si è dichiarata “pienamente disponibile a lavorare insieme all’Ordine dei Giornalisti” per approfondire i problemi indicati.

Intanto la casa della libertà di informazione è sotto minaccia da anni e anni.

PH Articolo tratto dal libro “IL silenzio degli innocenti”

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