mercoledì, 4 Dicembre 2024

Romanzo Litorale. La MAFIA vince solo d’estate

di Daniel Prosperi

Ostia (Roma) – Votare a novembre significa far perdere le mafie. E mettiamoci anche la contemporaneità con cui votano, di solito, gli italiani, il dado è tratto.

Stavolta siamo ad Ostia, “alle porte di Roma”, dove la mafia l’ha fondata come tante altre periferie delle grandi città. Era un Comune dal 1990, declassato nel 2011 per effetto della legge speciale di Roma Capitale del 2009. La gente ghettizzata che successivamente si è imborghesita grazie alla ramificazione dell’economia sommersa proprio nei margini territoriali. Gente ingenua con figli senza valori, se non quelli alterati nel sangue dalle droghe. Ma esiste anche una piccola parte di gente perbene, che ha saputo essere positivamente menefreghista a ciò che accadeva intorno. Ovvero, altre case abusive, altre case popolari, attività commerciali di riciclaggio, racket, muri.

Proprio quel muro che chiude la mente degli uomini tra i propri limiti mentali e il mare dell’infinito. E ancora una volta, vince la paura, la sostanziale voglia di dimostrazione di appartenere alla gente perbene.

Ostia si colora di 5 stelle luminose. Acqua, Ambiente, Connettività, Tecnologia, Innovazione che ad Ostia e nel resto dello stivale conosciamo già molto bene. Princìpi, non prìncipi e principesse che dovrebbero solo portarli avanti.

Eppure, è servita una “testata” giornalistica per riportare gli italiani a confrontarsi sul tema del sistema mafioso. Una reazione di un gestore di una palestra spropositata, di cui la neo Presidente non era a conoscenza in merito al sequestro richiesto proprio da quel Comune di Roma dell’era Raggi e della quale ne stava rappresentando e curando già presso il municipio X i rapporti con il Commissario, trasformata nell’ennesimo riconoscimento di realtà che esistono da prima che l’Italia fosse unita.

Un po’ come le “donne” in crinoline che oggi si stanno svegliando dal fetore del mondo dello spettacolo, fatto di “do ut des”, comunque con la possibilità di scegliere a differenza degli stupri a villa Borghese su donne sconosciute e da orchi conosciuti.

Il municipio X, adesso, deve avere un nuovo riconoscimento facciale (come l’omonimo IPhone in uscita in questi giorni), una volta gestito a se stante da gente con gli stessi scrupoli del post-Argan. Altrimenti, come sarebbe stato più giusto in un territorio dove la democrazia non esiste, commissariare per 10 anni poiché l’amministrazione politica, quella che non sopravvive all’immaginario collettivo, rischia di essere inquinata pur non facendo nulla.

Quello che è un problema non solo ostiense ma italiano è la rete di corruttela nell’amministrazione tecnico-dirigenziale degli enti locali.

A questo proposito, si dovrebbe intervenire con un grande atto di forza dello Stato. Lo Stato assente nel proprio federalismo rappresentativo. Evidentemente, lo Stato siamo veramente noi, quelli dalla facile vita economica, quelli della domenica battere il petto in chiesa e poi via a fare estorsione, quelli del calcio e della guerra sperata in qualche altro Stato per partecipare ai mondiali, quelli che benpensano che non parlano con te e si sentono meglio (citando Frankie Hi-NRG).

Non c’è un’Italia che si differenzia tra ricco e povero, ma tra falsi furbi e veri ingenui. Le periferie romane sono l’epicentro del mancato riscatto sociale; d’altro canto in città, l’unico riscatto sarebbe tornare alla vivibilità di un tempo che sembra ancestrale, quando a Conca D’Oro c’era un grande prato verde, dove nascono speranze. Siamo tutti un po’ eterni ragazzi. E la dove c’era l’erba ora c’è, l’invivibilità.

Dove vogliono fare le strisce blu a 3 euro l’ora, dove la metropolitana passa ogni 15 minuti, dove Roma Capitale e gentil legge ha fatto più danni di Mafia Capitale. Mentre a Ostia vogliono abbattere il muro del lungomare.

Forse, lo sposteranno su viale Cristoforo Colombo per distanziare ancor di più Roma dalle sue periferie, per le quali pendono milioni di euro assegnati grazie al bando periferie al quale si partecipò a firma Berdini, mentre si pensava allo stadio “a luci rotte” di Tor di Valle?

Dubbi amletici e Raggi fotonici. Mentre per tetto un cielo di stelle, che restano a guardare, per migliaia di barboni che muoiono nei sottopassi della stazione uccisi non solo dal freddo.

 

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