Il peso della relatività

                                                            Un frame del film Interstellar

di Emanuela Novelli

Spesso sentiamo parlare di relatività e relativismo rispetto a determinati punti di vista e opinioni, o diverse questioni morali e sociali, ma troppo poco spesso sentiamo parlare della relatività del tempo. Quest’ultimo, infatti, non assume valori assoluti per tutti, non è uguale in 2 punti dello spazio e può anche essere deformato in presenza di corpi molto massicci (come ad esempio i buchi neri, ai bordi dei quali il tempo sembra quasi fermarsi per quanto la deformazione è grande, anche la traiettoria della luce viene deviata).

 

Ma è davvero così difficile da comprendere come molti fanno credere?

Ebbene, esiste un film che in molti avranno visto (e se non lo avete fatto vi consiglio di vederlo al più presto) che ci fa comprendere la teoria della relatività in maniera molto accessibile: sto parlando di Interstellar, il film che nel 2014 lasciò tutti a bocca aperta con degli scenari spettacolari che raffigurano l’universo in tutta la sua infinita bellezza e in tutto il suo potere.
Trailer ‘Interstellar’  —-> QUI
La trama si sviluppa proprio attorno alla teoria della relatività e della gravità, mettendo in atto la teoria degli wormhole (chiamati anche ponti di Einstein-Rosen) ovvero dei cunicoli spazio – temporali che collegano due punti apparentemente lontani nel tessuto spazio tempo.
Non vi spoilero la trama, ma all’interno di questo capolavoro cinematografico ci troviamo immersi in tante prospettive diverse che ci fanno comprendere ancora di più il relativismo all’inizio citato: la prospettiva di una bambina che aspetta il ritorno del padre, lo stesso padre che trovandosi sul bordo di un buco nero vede passarsi davanti decine di anni terrestri condensati in pochi minuti vissuti sulla sua pelle.
Purtroppo, non tutti gli scenari descritti dal film sono applicabili e dimostrabili attivamente tramite esperimenti scientifici, ma le teorie selezionate sono tutte vere e questo ci ribadisce la maestosità della fisica rispetto all’universo.
Un’altra cosa a cui non molte persone avranno pensato è che la relatività del tempo è un concetto che sulla terra prende forma più che mai:
in un famoso video il fisico Carlo Rovelli ci spiega che, sostanzialmente, il tempo non esiste, un’affermazione forte e scombussolante a cui è difficile credere.
Negli anni 60 del 900 due fisici, Wheeler e DeWitt, scrissero una formula senza la variabile del tempo per trovare il funzionale d’onda dell’universo; apparentemente, come ci spiega Rovelli nel famosissimo video, ci sembra strano osservare questa equazione poiché nella fisica che studiamo a scuola vediamo l’evoluzione di vari eventi nel tempo (nelle equazioni è sempre presente un Δt), ma se ragioniamo più a fondo capiamo che il tempo come lo intendiamo noi (lo scorrere delle lancette su un orologio) è solo un modo convenzionale per stabilire dei punti di riferimento (cosi come noi diciamo alto e basso, lontano e vicino, in realtà queste sono descrizioni che ricaviamo semplicemente dalla prospettiva di osservazione e dal metro di misura che si sta utilizzando in quel momento) in base al quale descrivere dei cambiamenti osservabili.
Ma come detto in precedenza, il tempo non è osservabile, non è tangibile, è semplicemente un modo per descrivere dei cambiamenti in funzione dello scorrere delle lancette sull’orologio; ma i due fisici osservano che come è possibile prendere un orologio come riferimento, è anche possibile prendere altre misure (ex alba e tramonto, posizione delle stelle e del sole) e che quindi si può scrivere un’equazione (descrivendo dei cambiamenti) in funzione di altri metri di paragone.
Il tempo non è dunque oggettivo, e qui ritorniamo al motivo iniziale della relatività: le nozioni di alto o basso, lontano o vicino, grande o piccolo svaniscono non appena si varca la soglia della terra e si entra nell’universo, lì dove l’uomo non è più il metro di paragone, ma solamente una piccola parte dell’ingranaggio che fa funzionare le cose.
Il tempo scorre più veloce in alto e più lento in basso, ecco un’altra importante affermazione di Rovelli: il tempo scorre in maniera diversa, ogni persona lo percepisce in maniera unica e gli effetti del tempo su determinati fenomeni possono cambiare in base alla locazione. Ma come già detto in precedenza il basso e l’alto, cosi come il lontano e il vicino sono dei termini di paragone esclusivamente utilizzabili in ambito terrestre; nell’universo non esistono dei punti alti o dei punti bassi, ma bisogna prendere in considerazione altri mezzi per misurare i cambiamenti che avvengono. Proprio questo era l’obiettivo finale dei due fisici con la loro equazione: il tempo non è una costante uguale per tutti e per tutto, e in quanto variabile anche solo in base al luogo, possono essere adottati altri metri di misura.
Il tempo non è quello che ci immaginiamo, e la visione che abbiamo avuto finora è in totale contrasto con quelle che sono le teorie fisiche della relatività;
dovremmo osservare il mondo tramite occhi diversi, più fisici e meno astratti, immaginando alla base del mondo e dell’universo un insieme di tanti orologi sincronizzati ognuno in maniera diversa, che scorre secondo il suo personale ritmo e che è assolutamente unico nel suo genere, anche nel milionesimo di secondo o in parti più infinitamente piccole.
È quello che succede anche con noi stessi: siamo convinti di essere uguali a qualcun altro, ma siamo inconsapevoli che ci sarà sempre quella minima parte, impercettibile all’occhio umano, che ci distingue da qualunque altra persona.
Per cambiare la visione totale del mondo bisogna assumere consapevolezza sul relativismo e la relatività di tutti gli aspetti della vita e dell’universo, partendo proprio da noi stessi.
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