sabato, 21 Settembre 2024

Il mondo dorato dei vaccini. Chi finanzia gli studi e chi deve propagandarli

vaccini-antinfluenzali

 

di Cinzia Marchegiani

Ogni anno prima che arrivi l’autunno iniziano sempre le campagne vaccinali, sui giornali, tv e richiami incessanti delle istituzioni sanitarie. Imperativo ricordare le morti dovuti all’influenza degli anni precedenti.

Mi trovo nel mio data base un’intervista pubblicata nel Bollettino d’Informazione sui Farmaci bimestrale dell’Agenzia Italiana del Farmaco (gennaio 2009), rivista in cui si trovavano interessanti informazioni a tutto campo sui medicinali, nuove strategie e farmacovigilanza, ma sembra che non sia stata più pubblicata proprio dal 2009 (ma potrei sbagliare, sic).

Questa che pubblicherò è l’intervista integrale a Tom Jefferson, di Cochrane Vaccines Field, ASL, titolo articolo “Studi sui vaccini influenzali e finanziamenti”che spiega con chiarezza disarmante il mondo delle riviste scientifiche, l’affidabilità degli studi pubblicati ed efficacia e utilità dei vaccini antinfluenzali, gli stessi studi su cui la scienza medica affonda le sue certezze.

DAL BMJ, Tra gli studi sull’efficacia dei vaccini influenzali quelli sponsorizzati dall’industria hanno una probabilità maggiore di essere pubblicati su riviste con impact factor più alto.

La qualità di un trial clinico rappresenta una conditio sine qua non per la pubblicazione su una rivista ad elevato impact factor? E viceversa, l’impact factor è un parametro sufficiente a garantire la qualità del lavoro pubblicato? Una risposta a queste domande si può trovare in una revisione sistematica condotta da un gruppo di ricercatori italiani della Cochrane Vaccines Field, finanziata dalla Regione Piemonte, e pubblicata sulla rivista British Medical Journal°.
Abbiamo intervistato sull’argomento Tom Jefferson, uno degli autori della revisione.

°Jefferson T, Di Pietrantonj C, Debalini MG, Rivetti A,
Demicheli V. Relation of study quality, concordance, take
home message, funding, and impact in studies of influenza
vaccines: systematic review. BMJ 2009; 338: b354.

L’intervista integrale

Parliamo dell’articolo uscito sul British Medical Journal a febbraio, giudicato addirittura “sovversivo” dal quotidiano inglese The Guardian, in un articolo di commento. Prima di parlare del metodo che avete seguito nella ricerca, qual è stata la ragione per cui vi siete imbarcati in questo studio? Avevate forse dei sospetti sull’editoria scientifica? 

Il movente principale dello studio, il razionale, era la curiosità, come al solito: cercare di capire come mai a fronte di prove di efficacia scarse o assenti e una valutazione di sicurezza deficitaria, i vaccini influenzali sono diventati una specie di “vacca sacra” nel giro di una decade. Anche nonostante un crollo completo della mortalità – non per influenza – ma mortalità relativa all’influenza (ad esempio broncopolmonite) osservato dal 1945 a oggi in America. È un argomento che ci affascina perché, come i lettori sapranno, noi abbiamo fatto diverse revisioni Cochrane su questo argomento avendole successivamente aggiornate: e nonostante questi dubbi sulla validità delle prove scientifiche su questi vaccini, perplessità che ora stanno diventando crescenti nella comunità scientifica, governi, media, key opinion leaders (vale a dire quindi quei “personaggi” che si vedono e si sentono sui media e che discettano sull’argomento) continuano tranquillamente a raccomandare l’uso di questi vaccini senza neanche chiedersi come è possibile farlo in assenza di prove scientifiche. Ci saranno dei motivi? Disponiamo, nel Cochrane Vaccines Field che è presso la ASL di Alessandria ed è finanziato in parte dalla Regione Piemonte, di una banca dati di studi estratti di tutte le indagini sul vaccino influenzale dal 1948 ad oggi.

Che metodo avete seguito per svolgere lo studio?

Quando si identifica uno studio per l’inclusione in una revisione sistematica, lo si sintetizza, si cerca di capire che intendono dire gli autori, quali sono i problemi presenti nello studio e poi si estrae tutta una serie di informazioni; ad esempio la relazione interna tra le varie sezioni del lavoro (obiettivi, metodi, risultati e conclusioni) e altre particolarità della ricerca, ad esempio chi lo ha finanziato. Abbiamo messo in relazione tutto questo, poi esplorato tutte le variabili incrociandole con un’altra variabile fondamentale, e cioè dove erano stati pubblicati questi studi e quanto erano stati citati: “dove” vuol dire in che tipo di giornale, quale impact factor e che livello di citazione seguente alla pubblicazione avevano ottenuto gli articoli.

Cosa avete trovato?

Che si trattasse nel 96% dei casi di studi di bassa o infima qualità non era per noi una sorpresa perché li avevamo quasi già letti tutti in precedenza. Allo stesso modo, era prevedibile che nella maggior parte di questi studi ci fosse una relazione tra bassa qualità metodologica dei lavori e positività dei risultati nei confronti dei vaccini (in altre parole: più lo studio è scadente migliori sono i risultati per i prodotti). Ancora: tutto secondo le previsioni anche nella relazione tra conclusioni trionfalistiche e il fatto che fossero finanziati dall’industria. Queste erano tutte cose che erano già state viste in altre aree dello scibile biomedico.

Quindi, tutto secondo i programmi…

Niente affatto: la vera sorpresa ha riguardato il fattore di impatto e il fattore di citazione: a parità di numerosità campionaria e a parità di qualità metodologica, gli studi finanziati dall’industria erano pubblicati su riviste che avevano un impact factor significativamente più alto di quelli non finanziati dall’industria. Questo dato era costante anche dopo aver tolto di mezzo il 24% degli studi che non aveva dichiarazioni di finanziamento. Quindi è una relazione fortissima. Per la citazione è lo stesso: più alto è il fattore di impatto, più alta è la citazione, quindi anche la citazione è determinata soprattutto da chi paga per la ricerca e non dalla sua qualità. Ed è questa ultima conclusione che il Guardian ha considerato sovversiva.

Chiaramente, in uno studio di questo genere, la parte conclusiva è dedicata a quelle che sono le possibili interpretazioni. Siamo nel dominio però, appunto, delle interpretazioni soggettive, sebbene basate sulle evidenze. Allora, cosa avete dedotto? Quali sono le vostre conclusioni rispetto a quello che avete trovato?

Vorrei invitare i lettori del Bif a ricordare che se voi vi aggiornate, seguite le riviste primarie, le fonti secondarie consultando le sintesi degli articoli originali, ma individuando ciò che vi interessa soltanto sulla base del titolo e poi leggendo l’abstract e magari non tutto ma solo la parte finale, ricordatevi che qualcun altro ha già tenuto conto di queste vostre abitudini. “Qualcun altro” ha già capito che voi andate a leggere soltanto le conclusioni di un articolo e ha sovvertito, sta sovvertendo sistematicamente la letteratura biomedica internazionale per indurvi a conclusioni sbagliate.

Altra cosa da segnalare è che le nostre osservazioni relative ai vaccini influenzali sono state replicate dopo qualche mese da un’altra banda di “sovversivi” psichiatri e psicologi inglesi che hanno usato il nostro stesso metodo per verificare gli studi nel campo degli interventi per la disassuefazione dal fumo.

E che cosa hanno trovato?

La stessa cosa: che c’è una relazione tra chi finanzia la ricerca e dove viene pubblicata, e naturalmente una relazione anche fra le stime di effetto; relazione che noi non abbiamo trovato perché era tutto per lo più di bassa qualità. 

Alcuni commenti sostengono che voi intendiate mettere in dubbio la credibilità delle più autorevoli riviste di medicina… 

Questa è un’interpretazione. C’è anche un’interpretazione alternativa: che queste riviste di medicina più famose a più alto fattore di impatto sono nel contempo vittime, perché sono i target di questa sovversione dovuta a pressioni economiche e commerciali. 

Nel senso che sono molto corteggiate dalle industrie farmaceutiche perché tanto maggiore è la loro visibilità tanto più promettente è il risultato, l’esito di una pubblicazione su queste pagine?

Assolutamente. E poi il nostro bravo informatore farmaceutico porta in giro gli estratti che l’azienda si fa fare: un milione di estratti in tante lingue che vengono pagati in maniera molto profumata dall’industria. Sono servizi esplicitamente pubblicizzati sui siti web delle multinazionali dell’editoria scientifica. “Reprints”, tradotti nella lingua target, come dicono loro.

Quindi il vostro sospetto è che tanto più ampio è il business che deve sostenere una casa editrice, tanto maggiore è la tentazione di cedere alle lusinghe di chi intende fare dell’informazione scientifica un mercato?

Forse, e la conclusione si può riassumere in una sola frase: state attenti alle bufale.

Termina così questa intervista che non serve commentare. Sicuramente il mondo dorato dei vaccini è un argomento che affascina così anche gli scienziati, evidentemente non tutti però. Ma il business che alimenta questo indotto sembra non riguardare solo le riviste scientifiche, ma anche pagine facebook, siti e blog pagati profumatamente con accordi detti di “collaborazione” ad esempio quello stipulato tra il Ministero della Salute Centro Nazionale Prevenzione e Controllo delle Malattie e la Regione Veneto “per monitorare la fiducia del pubblico nei programmi vaccinali e le sue necessità informative sviluppando un sistema di decisione assistita tramite il sito vaccinarsi.org e altri sti (quali?) . Ben remunerati verrebbe da dire, in questo caso il lavoro richiesto vale ben 494.000 euro dei contribuenti.

Eppure è dimostrato dalla memoria storica che nel caso dei vaccini antinfluenzali, l’efficacia viene dimostrata a stagione influenzale terminata quando si conosceranno i reali ceppi che hanno circolato e non quelli con cui si è costruito il vaccino propagandato. A proposito…ma tutti gli altri vaccini tra obbligatori e facoltativi, vengono testati se hanno prodotto la loro efficacia, o siamo ancora nel medioevo che si propongono profilassi vaccinali senza che se ne accerti la loro azione? Hanno immunizzato? E se si Quanti? Intanto il vaccino antinfluenzale dello scorso anno ha dimostrato al sua inefficacia e si è data notizia anche per il vaccino spray LAIV,  scoperto solo dopo 3 anni di somministrazione ai bambini che non era efficace e quindi ritirato. Ma si può chiedere che prodotti vengono pubblicizzati anche dalle istituzioni sanitarie? Quelli dichiarati dagli studi finanziati?

Intanto è tabù parlare di efficacia, figuriamoci di sicurezza… Sarà forse un caso che molte persone non si sentono tutelate proprio dalle stesse istituzioni che incoraggiano a vaccinarsi omettendo l’altra faccia della medaglia che, a differenza delle accuse rivolte ai siti antivaccinisti, viene influenzata dalle esperienze personali fatte sul campo e/o da quelle di persone a loro vicine che hanno avuto problemi proprio perchè hanno vaccinato e che come un tam tam battono domande puntualmente derise e con risposte disattese?  Eppure sarebbe così semplice dipanare tutti i sospetti, invece di parlare di studi pubblicati sulle riviste, servono report seri, quelli concreti prima e dopo le vaccinazioni, immunizzazioni, reazioni avverse, sicurezza del prodotto. Perchè sono tantissimi anni ormai che si vaccina senza mettere in un bel contenitore tutte le informazioni a difesa del benessere della salute. Obiettivo difficile? Molti dicono di no!

Intanto stimati professori e le stesse istituzioni promuovo eventi sul tema delle vaccinazioni e la loro sicurezza, peccato per le piccole postille in fondo alle locandine che citano “Con il supporto incondizionato dell’Azienda produttrice dei vaccini“.

Tom Jefferson…aveva terminato la sua intervista con “attenti alle bufale”. Un suggerimento che ad oggi fa molto riflettere. Molti potrebbero obiettare che le vacche sacre sembrano essere diventate molte di più negli ultimi anni.

 

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