domenica, 20 Luglio 2025

IMMIGRAZIONE E CRIMINI D’ODIO: LA GERMANIA AL CENTRO DI UN’INDAGINE

GERMANIALa Germania viene investita da una pesante denuncia da parte Amnesty International che in data odierna, 9 giugno 2016,  pubblica un rapporto  che fa emergere il mancato contrasto del profondo aumento dei crimini d’odio in tutta la nazione, compresi gli attacchi ai centri per richiedenti asilo, che chiede necessario rafforzare urgentemente le misure di protezione e avviare un’indagine indipendente sul possibile pregiudizio all’interno delle forze di polizia.

Vivere nell’insicurezza: come la Germania ha abbandonato le vittime della violenza razzistaè il titolo di un articolato rapporto che denuncia come negli ultimi tre anni i reati contro i richiedenti asilo siano aumentati di 16 volte: da 63 nel 2013 a 1031 nel 2015. Complessivamente, nello stesso periodo, i crimini con movente razzista contro le minoranze etniche e religiose sono aumentati dell’87 per cento: da 693 nel 2013 a 1295 nel 2015.

“Di fronte all’aumento dei crimini d’odio in Germania, occorre porre rimedio ai duraturi e ben documentati difetti presenti nella risposta delle forze di polizia alla violenza razzista” – ha dichiarato Marco Perolini, ricercatore di Amnesty International sui paesi dell’Unione Europea.

“Per prevenire gli attacchi contro i richiedenti asilo, le autorità federali e statali tedesche devono porre in essere strategie complessive di valutazione del rischio e aumentare la protezione della polizia verso i centri che sono in maggior pericolo di subire attacchi” – ha aggiunto Perolini.

Amnesty International spiega che sebbene l’opinione pubblica tedesca risulti tra le più disposte d’Europa ad accogliere i rifugiati, nel corso del 2015 sono state organizzate almeno sei proteste settimanali contro i rifugiati. “Molti richiedenti asilo e rifugiati che hanno subito attacchi, o che hanno visto i loro amici e conoscenti subire attacchi, hanno detto ad Amnesty International di non sentirsi più al sicuro e di vivere nella paura“.

UNA DELLE TANTE TESTIMONIANZE

“Dopo che mi hanno aggredito, tutti i miei amici hanno avuto paura. Sono fuggito dalla guerra siriana e non ho certo bisogno di affrontare tensioni qui in Germania… Vorrei solo lavorare e vivere in serenità, come prima della guerra” – ha dichiarato Ciwan B., un curdo fuggito dalla Siria e aggredito a Dresda nel settembre 2015.

AMNESTY INTERNATIONAL DENUNCIA I CRIMINI E LE  INCHIESTE FALLIMENTARI

Le inadeguatezze delle indagini, dei processi e delle condanne nei confronti dei crimini con movente razzista sono – secondo Amnesty International – una costante di lungo periodo, precedente l’arrivo in Germania, nel 2015, di circa un milione di rifugiati e richiedenti asilo: “Molte di queste inadeguatezze sono emerse nelle fallimentari inchieste su un’ondata di omicidi commessi, tra il 2000 e il 2007, dal gruppo di estrema destra Clandestinità nazionalsocialista (Cns). Le inchieste, che riguardavano omicidi di otto uomini di origine turca, un uomo di origine greca e un agente di polizia tedesco, non hanno mai portato alla luce il movente di questi crimini mentre i parenti delle vittime hanno denunciato di sentirsi vittime del comportamento delle forze di polizia” il comunicato denuncia. 

“In tutti questi anni, non ci hanno mai considerato come vittime” – ha dichiarato Yvonne Boulgarides, moglie di Theodorus Boulgarides, un fabbro ucciso dalla Cns nel suo negozio di Monaco il 15 giugno 2005.  “La polizia e i politici ci hanno sempre trattato come dei sospetti, come persone che nascondevano qualcosa. Nessuno ci ha mai chiesto un’opinione o ci ha fatto domande” conclude Yvonne Boulgarides

Un documento che inchioderebbe le molte responsabilità della stessa Germania che nonostante siano state raccomandate e poi adottate una serie di misure da parte delle forze di polizia, non è stata data risposta all’interrogativo principale: “se il razzismo istituzionale stia contribuendo al continuo fallimento nell’identificazione, nella registrazione e nell’avvio di inchieste su possibili crimini con movente razzista”.

Cosa contesta Amnesty International?Nel settembre 2013 Abdurrahman, un cittadino turco, ha rischiato di perdere la vita dopo essere stato aggredito da nove uomini mentre stava chiudendo il suo negozio di kebab alla stazione di Bernburg. L’uomo, il suo fidanzato e un amico che avevano assistito all’attacco hanno riferito che la polizia accorsa sul posto ha restituito una prova-chiave (un compressore ad aria) agli aggressori. Durante il processo, il movente razzista non è emerso pienamente e la mancanza di prove ha favorito la tesi della difesa, ossia che i nove uomini avessero agito almeno in parte per auto-difesa.Alcune manchevolezze di questo genere dipendono dal complesso sistema in vigore in Germania per raccogliere e classificare informazioni su reati politicamente motivati, categoria che comprende i crimini d’odio.

“Questo sistema, consapevolmente o meno, stabilisce dei parametri assai elevati per classificare e trattare un’azione criminale come reato con movente razzista”. Amnesty International ritiene, invece, che ogni reato percepito dalla vittima o da altri come atto motivato da razzismo dovrebbe essere valutato come crimine d’odio dalla polizia.

“Vi sono molti elementi che portano a concludere che all’interno delle forze di polizia tedesche si annidi un razzismo istituzionale. Ma fino a quando le stesse forze di polizia non saranno disposte a riesaminare il loro comportamento e il loro metro di giudizio, il contrasto ai crimini d’odio non potrà migliorare” – ha sottolineato Perolini.

SOLLECITO DI UN’INCHIESTA APPROFONDITA.“Per le forze di polizia tedesche non è il momento di compiacersi ma di guardarsi a lungo e seriamente allo specchio. Sollecitiamo un’inchiesta approfondita, indipendente e pubblica per riesaminare la conduzione delle indagini sugli omicidi commessi dalla Cns e per stabilire fino a che punto il razzismo istituzionale stia contribuendo al più ampio fallimento dell’attività di contrasto dei crimini con movente razzista da parte delle forze di polizia” – ha concluso Perolini.

di Cinzia Marchegiani

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